Mio padre è arrivato circa 50 anni fa in treno a Varese da Gela, dopo un viaggio di mille e quattrocento ore. Aveva con se una valigia di cartone e una paio di pantaloni a scacchi bianco e rosa salmone, che a quanto pare all’epoca, erano da figo.Quando è partito si chiamava ancora Rosario Rocco, ma all’altezza di Gallarate ha deciso di cambiare il suo nome in Valerio, convinto che il suo lieve accento del sud sarebbe passato inosservato con un nome del nord. Faceva coppia fissa con Rosario Crocefisso, altrimenti chiamato il Valter. Facevano fuoco e fiamme nella vicina Svizzera ballando senza sosta, i racconti dicono anche 15 ore di fila, senza bere, mangiare solo alimentati dalla desiderio di vincere delle gare di ballo.
Alla domanda: ma voi non siete di qui, vero?
Loro rispondevano: noi? Minchia noi, no. Noi siamo di Varese. (da leggere con l’accento di Gela)
Mio padre mi ha insegnato il valore della calma e della pazienza.
È il classico tipo che ti dice: vedi che domani si parte alle 8.
Ti sveglia alle 7 meno venti e alle 7, pure un po’ scocciato ti dice, no, no, fai con calma, io ti aspetto in macchina.
(Accesa)
È dotato di un particolare senso, potrebbe essere l’ottavo o il nono nel suo caso, che gli permette di parlare nell’istante esatto in cui in tv o alla radio c’è qualcosa che ti interessa e non riesce a interrompersi nemmeno se provi a farglielo capire. Quando poi si rende conto, si azzittisce, ma nel momento in cui di solito vengono dette cose insignificanti. Allora lui ascolta quello che sembrava interessarti tanto e siccome non è effettivamente significativo ti guarda per un po’ in silenzio, poi ricomincia a parlare, ma ricomincia nell’istante esatto in cui vengono ripresi dei concetti che potrebbero riscattarti, ma ormai è tardi perché se provi ad azzittirlo lui non riesce a interrompersi nemmeno se provi a farglielo capire. Quando poi si rende conto, si azzittisce, ma nel momento in cui di solito vengono dette cose insignificanti. Allora lui ascolta quello che sembrava interessarti tanto e siccome non è effettivamente significativo ti guarda per un po’ in silenzio…. Ripetuto all’infinito.
Mio padre mi ha trasmesso dei valori fondamentali. Dei principi sani.
Sto parlando di quelle cose che ti si incidono dentro da bimbo e sul momento magari non le capisci, ma poi te le ritrovi da adulto.
Con il senno di poi, penso che sia corretto definire mio padre una sorta di pedagogista innovatore.
Infatti lui per farmi capire delle cose importanti aveva una un tecnica raffinatissima che prevedeva una frase a effetto iniziale forte, breve. Seguita da una spiegazione più articolata e più chiara.
Mi ricordo di una volta in cui lui mi ha presa da parte e mi ha detto:
Ti devo dire due cose :
Uno: non mi venire a dire che ti droghi
Due: non mi venire i a dire che convivi.
Questa era la frase a effetto iniziale forte.
Nel caso della droga la spiegazione era: “Eh, se ti droghi io ti voglio bene lo stesso, certo, sei pur sempre mia figlia, però sappi che se ti droghi io ti prendo e ti metto dai frati (i frati?) e ti vengo a riprendere solo quando sei pulita, lavata, disintossicata nuova. E ti rimetto a casa.
Nel caso della convivenza invece il discorso era questo:
non mi venire a dire che convivi.
Basta.
Mio padre mi ha insegnato tutto quello che ogni papà dovrebbe insegnare a un figlio, maschio.
Durante i fine settimana per oltre 10 anni io sono stata istruita e allenata a trapanare, saldare, martellare, piallare, potare, bronzare, lastricare, spalare, imbiancare, stuccare, riparare. Al di la del fatto che mi sono divertita, mio padre mi ha resa una donna indipendente, libera, concreta, autonoma, sveglia, pratica, imbattibile e modesta. Mi ha resa una donna che non deve chiedere mai. Un uomo praticamente.
Mi ha resa una persona in grado di non farsi impressionare dal primo che arriva e che ti mette due tasselli.
A lui non piace dire: te l’avevo detto. Gli piace molto dire: pensaci.
Lui mi ha sempre detto di non vergognarmi mai. Solo se rubi ti devi vergognare.
Però poi ci sono state delle volte in cui mi sono tanto vergognata, anche se lo sapevo che non avrei dovuto, e avrei voluto che in quelle circostanze qualcuno mi avesse chiesto di carteggiare e stuccare.
E ci sarebbero tante altre cose da dire, ma mi fermo qui, con uno dei ricordi che più mi piacciono.
Vacanze, estate, siamo in hotel. É sera, io ho 3 o 4 anni e sono in camera con mia mamma. Dovrei dormire, ma non riesco. E lui è di sotto che fuma e gioca a carte con gli altri papà e parla forte, dice delle cose che nemmeno distinguo bene, ma tutti ridono. Dovrei dormire, ma non riesco e con gli occhi chiusi penso che da grade voglio diventare come lui, una che fa ridere le persone.
Eva
Che carina. Mi è piaciuta moltissimo. Esprimi molto bene i tuoi sentimenti. Un abbraccione